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La storia del Gin

La storia del gin è affascinante e complessa, risalendo a secoli di evoluzione culturale e scientifica che hanno dato forma alla bevanda che oggi conosciamo e apprezziamo. Il gin, un distillato aromatico a base di bacche di ginepro, ha radici che affondano nell'antichità, ma la sua forma moderna si è sviluppata nel corso dei secoli in Europa, con l'Inghilterra che ha giocato un ruolo centrale nel renderlo il prodotto estremamente popolare che è oggi.

Le Origini: L' Età Antica

Il gin affonda le sue radici nei distillati di erbe e piante utilizzati per scopi medicinali, e una delle prime bevande simili al gin risale all'antichità. Già nell’Antico Egitto si conoscevano le proprietà curative del ginepro, utilizzato per migliorare la digestione e trattare l’itterizia, come riportato nel Papiro Ebers, uno dei più importanti trattati di medicina egizia risalente al 1550 a.C. circa. Anche i Greci e i Romani consideravano il ginepro un arbusto magico, impiegato per preparare vari rimedi medicinali. I Romani, in particolare, apprezzavano il ginepro per le sue proprietà terapeutiche, specialmente per trattare disturbi digestivi e renali. Tuttavia, durante questi periodi, la distillazione era ancora una pratica embrionale, e il ginepro veniva utilizzato principalmente sotto forma di infusi o decotti per le sue qualità benefiche.

 

L'Inizio della Distillazione: Medioevo e Rinascimento

La storia della distillazione è antica e affascinante, con radici che risalgono a oltre 3.000 anni fa. Tuttavia, fu nel periodo islamico medievale (VIII-XIII secolo) che questa pratica raggiunse un livello più avanzato grazie agli alchimisti arabi, i quali perfezionarono le tecniche e migliorarono gli strumenti. Jābir ibn Hayyān (721-815 d.C.), considerato il "padre della chimica", innovò l’alambicco, introducendo la coobazione, un metodo che permetteva di purificare i distillati attraverso ripetute distillazioni. Al-Razi (865-925 d.C.), medico e alchimista persiano, descrisse dettagliatamente il funzionamento dell’alambicco e perfezionò la distillazione dell’etanolo, ottenendo alcol etilico puro, essenziale per applicazioni mediche e antisettiche. I loro scritti furono tradotti e diffusi nell'Europa medievale, dove vennero studiati e applicati dalla Scuola Medica Salernitana, considerata la prima e più influente istituzione medica del Medioevo e da molti, ritenuta antesignana delle moderne università. Fondata tra il IX e il X secolo, questa scuola rappresentò un punto di incontro tra la medicina greco-romana, araba e monastica cristiana, diventando un centro di eccellenza fino al Rinascimento. Oltre all’insegnamento teorico e pratico, la Scuola Salernitana perfezionò la distillazione per estrarre principi attivi dalle piante, sviluppando elisir a base di erbe con proprietà curative. Tra questi si ritiene ci fosse anche una forma primitiva del gin, ottenuto distillando bacche di ginepro con un alcol, probabilmente a base d’uva, e altre erbe medicinali. Questo rimedio, utilizzato per le sue proprietà digestive, antisettiche e diuretiche.

 

Il Genever Olandese: Dalle Origini Medicinali alla Sua Evoluzione Alcolica

Il successo del precursore del gin fu fortemente accelerato da una delle peggiori calamità che sconvolsero il Vecchio Continente: la Peste Nera (1347-1351), che decimò la popolazione europea. Convinti che la malattia fosse causata da miasmi e aria corrotta, le persone cercarono rimedi per purificare l’ambiente e proteggersi dall’infezione. Tra le soluzioni più diffuse vi era l’uso del ginepro, apprezzato per le sue proprietà antisettiche e depurative. Per contrastare il contagio, il ginepro veniva bruciato negli ambienti per purificare l’aria, inserito nei "beccucci" delle maschere dei medici della peste, insieme ad altre erbe aromatiche come timo, lavanda e rosmarino, per filtrare l’aria e proteggersi dall’infezione, e consumato sotto forma di infusi e distillati, ritenuti utili per rafforzare l’organismo e prevenire la malattia. La sua fama come rimedio contro la peste favorì la diffusione del distillato a base di ginepro, che si spostò progressivamente verso il Nord Europa. Nei Paesi Bassi del XVI secolo, questa tradizione portò alla nascita del Jenever, destinato poi a evolversi nel moderno gin. Le prime attestazioni scritte del jenever risalgono al XIII secolo, quando l'erudito fiammingo Jacob van Maerlant descrisse l'uso di parti dell'albero di ginepro in un distillato di vino nel suo libro Der Naturen Bloeme (1266). Successivamente, nel 1522, il medico di Anversa Phillipus Hermanni fornì una ricetta più dettagliata, che prevedeva la macerazione e distillazione delle bacche di ginepro in vino. Sebbene una tradizione attribuisca l'invenzione del jenever al chimico e medico olandese Franciscus Sylvius de Bouve (1614-1672), le evidenze storiche dimostrano che la bevanda era già conosciuta e impiegata a scopi medicinali almeno dal XVI secolo, ben prima della nascita di Sylvius. Tuttavia, va riconosciuto a Sylvius, medico e scienziato dell'Università di Leiden, il merito di averne favorito la diffusione, prescrivendolo come tonico curativo per il trattamento di disturbi digestivi e renali. Durante il XVI secolo, i Paesi Bassi erano in conflitto con la Spagna (Guerra degli Ottant’Anni, 1568-1648), che controllava ancora il commercio del vino nel sud dell’Europa. A causa delle tensioni economiche e della difficoltà di importazione, il vino divenne costoso e difficile da reperire nei territori olandesi e fiamminghi. Per sopperire alla carenza di vino, i distillatori olandesi iniziarono a sperimentare con cereali fermentati, che erano più abbondanti nella regione. Questo portò alla nascita di una base di distillazione di orzo, segale e frumento, nota come vino di malto (moutwijn). Nel 1606, nei Paesi Bassi, il jenever e altri liquori simili erano già soggetti a tassazione, un chiaro segnale che la bevanda aveva ormai perso il suo esclusivo utilizzo medicinale e si era affermata come prodotto alcolico di largo consumo. A ulteriore conferma della crescente popolarità del jenever, nel 1575, ad Amsterdam, venne fondata la Lucas Bols, il più antico marchio di spiriti al mondo ancora in attività. Specializzata nella produzione di distillati al ginepro, la distilleria è considerata anche il primo marchio di jenever al mondo.

 

Dalla Guerra al Bicchiere: Come il Gin Arrivò in Gran Bretagna

Il gin arrivò in Gran Bretagna attraverso i Paesi Bassi, favorito da eventi storici come la Guerra degli Ottant’Anni (1568-1648), l'immigrazione fiamminga e l'ascesa al trono di Guglielmo III d’Orange nel 1689. Durante la Guerra degli Ottant’Anni, i soldati inglesi inviati a sostenere le Province Unite olandesi entrarono in contatto con il jenever, il distillato di ginepro locale. Notarono che i soldati olandesi lo consumavano prima della battaglia, ottenendo un apparente coraggio extra, da cui nacque il termine "Dutch Courage" (coraggio olandese). Tornati in patria, diffusero la conoscenza della bevanda, attirando l'interesse dei distillatori inglesi.

Nel XVII secolo, molte famiglie fiamminghe e olandesi emigrarono in Inghilterra, fuggendo dalle guerre nei Paesi Bassi e dalla persecuzione religiosa, portando con sé conoscenze sulla distillazione. Tra loro vi erano abili distillatori, che introdussero tecniche innovative e diffusero la tradizione del jenever tra i produttori locali. Con il tempo, gli inglesi modificarono la ricetta, creando una versione più leggera e secca, destinata a diventare il gin. Il vero punto di svolta arrivò nel 1689, quando il principe olandese Guglielmo III d’Orange salì al trono inglese dopo la Gloriosa Rivoluzione, che portò alla deposizione di Giacomo II. Per contrastare l'industria vinicola e dei distillati francesi, Guglielmo introdusse leggi a favore della produzione di gin:

  • Bloccò l’importazione di brandy francese, privando i consumatori inglesi della bevanda più popolare dell’epoca.
  • Abolizione delle restrizioni sulla distillazione del gin, rendendo più semplice e conveniente la produzione.
  • Tassazione più bassa per il gin rispetto alla birra e ad altri alcolici, incentivando la scelta della bevanda. Queste politiche scatenarono un vero e proprio boom del gin.

 

Gin Act: Dalla Follia del Gin al Controllo del Consumo

Le politiche di Guglielmo III d’Orange resero il gin la bevanda più consumata in Inghilterra, con conseguenze devastanti. Mentre le classi più agiate potevano permettersi bevande di qualità, tra cui il genever, il gin divenne la scelta predominante tra le classi più povere di Londra, grazie alla sua estrema economicità e facile reperibilità. La possibilità di produrre e acquistare gin senza restrizioni portò a un consumo di massa incontrollato. Il gin veniva venduto a prezzi stracciati, spesso tagliato con ingredienti di bassa qualità o sostanze tossiche, causando un'esplosione di alcolismo, criminalità e degrado sociale. Tra il 1684 e il 1700, la produzione di gin aumentò del 400%, passando da 2,5 milioni a 5 milioni di litri annui. La crescita continuò costantemente, raggiungendo nel 1723, nella sola Londra, una produzione di 23 milioni di litri l’anno e oltre 7.000 locali dedicati alla vendita di gin. La facilità di accesso portò la popolazione in uno stato di ubriachezza perenne. 

L’immagine del gin divenne così negativa da essere soprannominato "Mother’s Ruin" (la rovina delle madri), per il suo impatto sulle famiglie e sulle fasce più vulnerabili. La crisi spinse il Parlamento inglese a intervenire con otto diverse leggi tra il 1729 e il 1751 (chiamate Gin Act) per riprendere il controllo sul consumo di distillati e limitare i danni sociali causati dalla Gin Craze. Tra questi decreti, i più importanti furono: Il Gin Act del 1729, che introdusse una tassa di 5 scellini per gallone di gin e impose l'obbligo di licenze per i venditori. Tuttavia, la legge fu facilmente aggirata e il mercato nero continuò a prosperare. Il Gin Act del 1736 aumentò drasticamente la tassa sulle licenze a 50 sterline, scoraggiando la vendita legale e incentivando il commercio clandestino, che portò alla diffusione di gin adulterati con sostanze pericolose come trementina e acido solforico. Il Gin Act del 1743 cercò di allentare le restrizioni per contrastare il mercato nero, ma ciò portò solo a un ulteriore aumento del consumo. Il Gin Act del 1747 rafforzò le pene contro la produzione illegale e incentivò il controllo sulle distillerie, ma non riuscì a fermare l’abuso di gin. Solo il Gin Act del 1751 si rivelò realmente efficace, grazie a misure più equilibrate che puntavano su restrizioni mirate e non solo su tasse e divieti. Venne introdotto il divieto di vendita di gin a credito, per evitare l’indebitamento dei consumatori, furono imposte restrizioni più severe sulle licenze, con sanzioni per i venditori non autorizzati, vennero intensificati i controlli sulla qualità della produzione per eliminare il gin adulterato e si limitò la vendita nei quartieri più poveri per ridurre il consumo tra le fasce più vulnerabili della popolazione. L’introduzione di queste misure, unita ad annate di scarsi raccolti di cereali, spinse il governo a vietarne la distillazione per prevenire carestie. Questi interventi riuscirono finalmente a frenare il consumo eccessivo di gin, riportando la produzione sotto controllo.